PERCHÉ RIESCE COSÍ DIFFICILE CONFESSARSI?
01.04.11
 
Le catechiste della prima confessione si incontrano con i genitori per una catechesi in preparazione della prima confessione dei loro figli. Ne è venuto fuori un bellissimo incontro, molto partecipato, molto di più di quanto si può percepire dall’estratto dei loro appunti.


Pensare alla Confessione è per i cristiani spesso un tormento. Molti vi si avvicinano a fatica, alcuni hanno smesso di andare a confessarsi e neppure hanno l'impressione che manchi loro qualcosa, anzi si sentono come liberati da una coercizione.

Perché non capiscono piú cos'è la Confessione? Forse, perché l'hanno esperimentata come qualcosa di automatico, un elenco di peccati fatto senza sincera contrizione, senza ricavare un rinnovamento dai propri sbagli. Da qui è sorta la convinzione che la Confessione non cambi nulla.


Cosa è dunque la Confessione?
Anticamente la Confessione veniva chiamata anche «secondo Battesimo»: riammissione, cioè, nella comunità cristiana. «Conversione» significa: ritornare dagli altri fratelli e da Colui che è il loro punto di riferimento. Conversione significa altresì: dico ad un altro che ho commesso dei peccati; lo dico a un fratello che, in nome di Gesú, mi riammette nella comunità. A Pasqua Gesú conferì agli Apostoli il potere di perdonare i peccati. A questo proposito il Vangelo dice: «...Gesú venne, si fermò in mezzo a loro» (Gv 20, 19). I cristiani non sono una certa accolta di uomini dove ognuno «coltiva» il suo rapporto personale con Dio, sono invece una famiglia di fratelli, il cui centro è Gesú (cf. Mt 18, 15 e Gc 5, 19). Conversione significa ancora, in questo contesto, che io accetti l'amore di Colui che sta in mezzo a questo gruppo. Egli è stato capace di togliere ogni colpa dagli uomini perché Lui solo era senza peccato. Egli, il centro, venne a noi, che eravamo ai margini, per ricondurci con Sé al centro. Per il fatto che Lui ci ha perdonato, anche noi possiamo perdonarci gli uni gli altri. Presso Gesú i peccatori si sentivano bene accetti. Anche se Lui sapeva tutto di loro e conosceva perfettamente il loro passato, era capace di dimenticare tutto e cosí in Lui trovavano la forza di ricominciare daccapo.

Confessione significa anche incontro. Due persone si avvicinano: Dio, che ha già fatto il primo passo perché ha preso l'iniziativa prima di noi, e l'uomo peccatore, che reca la sua colpa quasi in dono al Padre misericordioso. Confessandosi, l'uomo esprime la sua convinzione che Dio è Amore e glorifica Colui che lo libera dalla colpa.

Sarà piú facile per noi confessarci se impareremo a riconoscere peccato e colpa nella nostra vita quotidiana e il bisogno di essere perdonati. Esistono tanti modi diversi per ricevere il perdono di Dio.
Per esempio, quando preghiamo: «...Padre, rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori». Anche questo è riconciliazione, richiesta del perdono di Dio. Ogni volta che, dopo un litigio o una tensione, riusciamo a ristabilire un rapporto cordiale con un altro, anche il nostro rapporto con Dio si rinnova e diventa piú profondo. Gesú ci chiede di perdonare settanta volte sette (cf. Mt 18, 22), perché Dio fa lo stesso nei nostri confronti (cf. Mt 6, 12).

All'inizio di ogni Santa Messa siamo invitati a domandare perdono a Dio perché Gesú possa cambiare la nostra vita e rinnovarla attraverso la Parola e il Sacramento eucaristico.

Anche la lettura della Sacra Scrittura ci riconcilia con Dio. E poi ogni settimana ha il venerdì come giorno particolare di riconciliazione, qualora lo viviamo in modo interiore. Lo stesso vale per la Quaresima, il periodo prepasquale di penitenza.

Due modi diversi rendono particolarmente visibile l'incontro dell'uomo col Dio del perdono: la celebrazione penitenziale comunitaria e la confessione individuale. Una non esclude l'altra, anzi si integrano vicendevolmente.

La celebrazione penitenziale che si tiene soprattutto durante la Quaresima e l'Avvento mette in particolare risalto la riflessione comunitaria, la responsabilità comune e la preghiera l'uno per l'altro. In essa sperimentiamo che siamo una Chiesa di peccatori e che anche come comunità abbiamo bisogno del perdono.

La Confessione individuale mette l'accento sulla colpa personale che viene espressamente confessata e poi perdonata nell'assoluzione da parte del sacerdote. In essa facciamo l'esperienza che Dio ci accetta e ci rinnova come singoli.

La Confessione acquista il suo specifico significato come aiuto, come elemento importante nella vita cristiana quando viene vissuta come tappa nel cammino verso Dio, come nuovo orientamento nella storia della propria vita volta ad una meta.

Cosí intesa, la Confessione non è un colloquio umiliante di un uomo con un altro, durante il quale uno ha paura e si vergogna mentre l'altro possiede il potere di giudicarlo. Confessione, è un incontro di due persone, le quali confidano pienamente nella presenza del Signore tra di loro, da Lui promessa là dove anche solo due uomini sono riuniti nel suo nome (cf. Mt 18, 20).

Il cristiano che va a confessarsi apre il suo cuore a questa presenza di Gesú: il sacerdote è per lui un fratello nel quale incontra Gesú a cui può donare le proprie colpe. E il sacerdote cercherà di ascoltare con pazienza e comprensione, di immedesimarsi nel fratello che si confessa per poterlo aiutare nel suo cammino verso la meta. Del resto, lo stesso sacerdote è un peccatore che vive di perdono.
La Confessione diviene cosí una «festa» che permette di sperimentare la presenza di Gesú come la fonte stessa di ogni perdono.

LA CONESSIONE: SACRAMENTO DELLA MISERICORDI DI DIO

Dio non vuole le nostre prestazioni, vuole invece noi stessi, cosí come siamo. I nostri fallimenti e peccati non sono ostacoli al suo amore, al rapporto con Lui. Lo diventano soltanto quando non crediamo alla sua misericordia, quando pensiamo che, peccatori come siamo, non possiamo avere comunione con Lui, non possiamo accostarci a Lui.
Dio non è un giudice che troneggia sopra di noi, che prescrive le sue leggi e ci punisce quando non le rispettiamo.
Dio è tutt'altro!
Gioisce per ogni peccatore che viene a Lui e che gli chiede: «Perdona la mia colpa!». Dio vuole donarci il perdono perché Egli è, come dice san Paolo, il «Padre misericordioso» (2 Cor 1, 3); «Vuole che tutti gli uomini siano salvati» (1 Tm 2

Pensiamo alla parabola del padre misericordioso: da lontano scorge arrivare il figlio prodigo, gli corre incontro, lo abbraccia e lo bacia. Felice, invita l'altro figlio rimasto nella casa paterna a partecipare alla festa di riconciliazione. Anche lui può partecipare a tale gioia, poiché il fratello che era perduto ha di nuovo ritrovato la casa paterna. Cosí è Dio: cerca chi è perduto, e ci aiuta a farci accettare nuovamente dagli altri.

Come Gesú si comporta con i peccatori, lo possiamo vedere nel suo rapporto con Pietro. Questo pescatore dal temperamento forte aveva abbandonato tutto per seguire Gesú e voleva partecipare al massimo alla vita di un tale «Maestro» che lo aveva oltremodo affascinato. Pietro è un uomo pieno di buona volontà, ma anche lui ha i suoi lati deboli. Quando Gesú viene arrestato, Pietro per tre volte afferma di non conoscerlo. Come reagisce, Gesú? Il Vangelo dice: «Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro». Questo sguardo di Gesù lo colpisce al punto che «...uscito, pianse amaramente» (Lc 22, 61s.). Dopo la risurrezione, Gesú domanda tre volte a Pietro se lo ama veramente. La risposta: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene» (Gv 21, 15-17). Pietro è diventato profondamente sincero, non proferisce più parole azzardate, sa che Gesù ormai lo conosce con tutti i suoi peccati, ma anche col suo desiderio profondo di amare il Maestro.

Gesú non ha commesso peccati. Egli è uomo, vero uomo, l'uomo perfetto. Ama i suoi prossimi e va loro incontro senza paura di aver a che fare con dei peccatori; anzi, la sua missione nel mondo consiste proprio nello stare accanto a quanti hanno bisogno di Lui.

Gesú, il Figlio di Dio fatto uomo, si è cosí compromesso con gli uomini da prendere su di sé i loro peccati. Ha sperimentato e sofferto sul proprio corpo e nella propria anima quello che è il peccato nella sua piú profonda essenza, cioè «essere lontano da Dio». Sulla croce grida: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mc 15, 34). Questo grido riassume ogni sofferenza umana. Quando abbiamo peccato, quando siamo colpevoli, anche in questo stato non siamo soli. Gesú ci ripete le parole dette alla donna adultera che gli avevano portato davanti: «...Va', e d'ora in poi non peccare piú». Ma al tempo stesso ci dice: «Neppure io ti condanno»; e se anche tutti ti abbandoneranno, io ti resterò vicino (cf. Gv 8, 3-11).

Se ci sentiamo soli, molto lontani da Dio, questa è una impressione errata, la realtà è un'altra: non siamo mai soli; anche nel nostro fallimento, anche nella nostra oscurità spirituale, c'è sempre Gesú. Nella prima lettera di san Giovanni leggiamo: «...Quand'anche il cuore ci rimproveri, Dio è piú grande del nostro cuore e conosce ogni cosa» (l Gv 3, 20). Per questo non dobbiamo scoraggiarci guardando ai nostri peccati, ma fidarci dell'amore di Dio. Chiediamogli perdono e ricominciamo sempre daccapo. Dio ci prende sul serio, anche nei nostri peccati: Egli è santo. Ci prende sul serio e in quanto peccatori ci vuole guarire: Egli è misericordioso.